Le acconciature di Paola Marella

La prima cosa che impressiona è la pelle, perfetta, leggermente fumè, come un alto di gamma di Alcantara, sintetica ma quasi umana, con toni di affumicatura che ricordano i migliori salmoni, se non addirittura le anguille, irlandesi.
Il sorriso carnivoro fa da contraltare al fisico asciutto che rivela un rigore vegetariano. Tutto è addolcito dai colori pastello, quasi golosi, delle sue mise. Friendly. Come un raffinato macaron di Ladurée. Ma sono le acconciature il suo pezzo forte, sempre uguali, eppure ogni volta leggermente diverse, come le grandi cuvée di Krug. Neanche acconciature: progetti. Ed è la sua testa, sono i capelli, vivi, da medusa caravaggesca, la fonte del suo immenso potere.
Paola Marella. L’icona di Real Time. La versione cyber-tech di Olivia Newton John in Grease.
Crudele come l’assistente di un dentista cattivissimo e costoso con studio in via della Spiga.
Le sue cotonature alla Dallas anni Ottanta sono avvincenti, leggere come un soufflè, peccaminose come un cono alla zuppa inglese della gelateria Rivareno. La sua messa in piega ultramoderna, 3D, renderizzata, affonda le radici nell’Art Nouveau, nella leggerezza dei vetri di Gallè e Daum, nell’architettura ludica di Antoni Gaudí. Le svolazzanti striature bianche rimandano all’immaginario disneyano della Carica dei 101.
La sua capigliatura è il Sole immobile attorno al quale gli architetti che la affiancano in trasmissione girano intorno come effimeri asteroidi, pianetini, comete. Quasi toy-boy.

(da Style Il Giornale, marzo 2012)


24.10.2014 / + +